Battaglie In Sintesi
20 ottobre 1097
Soprannominato Courteheuse ("Cortacoscia") o Gambaron, fu figlio maggiore di Guglielmo il Conquistatore e di Matilde di Fiandra e nacque nel 1054 (?). Alla morte del padre (8 o 9 settembre 1087) entrò in possesso del ducato di Normandia che Guglielmo gli aveva lasciato insieme col Maine. Il secondo figlio, Guglielmo il Rosso, aveva ottenuto il regno d'Inghilterra e il terzo figlio, Enrico, aveva dovuto contentarsi d'una dotazione in danaro. Roberto volle impossessarsi dell'Inghilterra, ma Guglielmo per difendersi suscitò una rivolta tra i vassalli di Roberto Tuttavia nel 1091 i due fratelli s'accordarono sulla base della cessione a Guglielmo della contea d'Eu e di diverse città, tra cui Cherbourg, e a condizione d'una spedizione in comune contro il terzo fratello dapprima alleato di Roberto poi ribelle contro di lui, a causa d'un diniego di giustizia da parte del fratello maggiore. Enrico, assediato al Mont-Saint-Michel, finì con arrendersi e condusse vita errabonda in Francia sino alla fine del 1092, nel quale anno si stabilì a Domfront. Le difficoltà tra Roberto e Guglielmo si rinnovarono dal 1094 al 1096. Poco dopo Roberto si fece crociato, impegnando il suo ducato a Guglielmo per la somma di 10 mila marchi d'argento e partì per l'Oriente, passando per Roma e per Costantinopoli. Combatté felicemente a Dorilea (1° luglio 1097), ad Antiochia (28 giugno 1098), partecipò alla presa di Nicea, di Antiochia e di Gerusalemme, nel 1099 rifiutò la corona reale e tornò in Francia passando per l'Italia, dove si trattenne un anno, sposandovi la bella Sibilla di Conversano e ripartendo nel luglio 1100 per la Francia. A Lione apprese che Guglielmo il Rosso era morto e che il loro fratello minore Enrico s'era impadronito della corona d'Inghilterra. Fin dal suo ritorno, Roberto pensò a togliere il trono a Enrico che cercò di placarlo offrendogli di rinunziare a tutta la Normandia, meno Domfront, e di pagargli una pensione. Nell'anno successivo, tuttavia, Roberto si recò in Inghilterra col pretesto d'intervenire tra Enrico e uno dei suoi vassalli ribellatosi. Già disprezzato dai suoi sudditi, ne fu detestato in seguito a una guerra ingiusta condotta nel 1103 contro il signore di Belleme. Da allora il ducato cadde in una specie d'anarchia, mentre Roberto viveva tra le sue amanti e i suoi buffoni, mostrandosi liberale con tutti i suoi favoriti. Più d'una volta, quindi, signori e prelati normanni invitarono il re d'Inghilterra a intervenire e fu il papa Pasquale II che riuscì a deciderlo. Nel 1105 Enrico I sbarcò e s'impadronì d'una buona parte del ducato. Un colloquio tra i due fratelli nella diocesi di Séez non riuscì a ristabilire del tutto la pace, come non vi riuscì un viaggio di Roberto in Inghilterra nel 1106. Nell'anno stesso Enrico I tornò in Normandia e il 27 settembre, assediando il castello di Tinchebrai, vinse e fece prigioniero Roberto, il quale venne trasferito nel castello di Cardiff, nel paese di Galles, dove visse 28 anni e morì il 7 febbraio 1134. Roberto II lasciò parecchi figli naturali. Dalla moglie legittima ebbe nel 1101 Guglielmo Cliton che fu un eterno candidato al ducato di Normandia, ricevette il Vexin dal re di Francia Luigi VI per il quale militò nella guerra contro i Fiamminghi ribelli, morendo all'assedio d'Alost.
Superato il Tauro, aprivasi la Siria all'esercito Cristiano. Da Maresia eransi avviati i Crociati verso Artesia, detta anticamente Calci e distante da cinque a sei leghe a meriggio. Roberto conte di Fiandra con alquanti nobili compagni e mille fanti, spintosi avanti al corpo dell'esercito, aveva occupato Artesia e cacciatine i Turchi con l'aiuto di quella popolazione cristiana. Vi corsero i Mussulmani d'Antiochia con intendimento di liberarla, ma sopraggiunto l'esercito cristiano, fuggironsi e fecero capo al Ponte di Ferro sopra l'Oronte per impedirli il passo verso Antiochia. Frattanto giunse all'esercito Tancredi, lodato universalmente per la generosità e moderazione dimostrate sotto le mura di Tarso. I capi dei Cristiani avendo tenuto consiglio, e deliberato di muovere contro la capitale di Siria, feciono invito al conte di Fiandra padrone di Artesia che lasciatovi sufficiente presidio, unisse le sue forze a quelle degli altri crociati; e similmente ordinarono agli altri corpi sparsi per il paese di ricongiungersi al principale; promulgando oltreciò divieto a chiunque di separarsi d'allora in poi dall'esercito. Tutti i capi e i cavalieri trovaronsi riuniti per tal modo ad Artesia, eccettuato Baldovino, che con non piccola ammirazione de' compagni, seguitava lunge dal cammino di Gerusalemme piuttosto le voci di terrena ambizione che d'inspirazione celeste.
Appropinquandosi le maggiori fatiche e i pericoli, Ademaro vescovo di Puy, procurò rianimare il coraggio de' Crociati con queste parole: "Fratelli e figliuoli carissimi, ora che breve cammino vi diparte da Antiochia, io non vi nascondo esser quella città, per fortissime mura e con enormi macigni estrutte, difesa; i quali macigni collega cemento ignoto e sicuro contro ogni dissolvitrice potenza. Colà, sappiamo per fermo essersi congiunti tutti i nimici del nome cristiano, Turchi, Saraceni, Arabi, che già fuggirono davanti alla nostra faccia dalle montagne di Romania. Ci è mestieri pertanto di molta prudenza e circospezione, non più separarci o sbandarci, non andare avanti senza riguardo, né far cosa alcuna che ne possa a grave infortunio esporre. Domani muoverà l'esercito a quella volta; domani, tutti uniti farem prova di espugnare il guardato Ponte di Ferro".
Levato il campo, giugneva al Ponte di Ferro la vanguardia comandata da Roberto di Normandia, né potette superare il passo. Due torri fasciate di ferro erano a capo il ponte; sceltissimi guerrieri Turchi guardavate, e sulla manca sponda del fiume stavasi schierato il nimico esercito. Cominciò la zuffa in tra i Mussulmani che tenevano il ponte e le genti del Normando Roberto. Pendendo dubbia la sorte delle armi, s'avanza la battaglia dell'esercito cristiano. Secondo la militare espressione di Alberto Aquense, i Crociati sotto i loro elmetti, gli scudi e le, corazze, ristrettisi a testuggine, scagliansi sul ponte, e impetuosamente il nimico rispingono. L'Oronte è superato, le sue rive da' Crociati occupate, e i velocissimi corsieri turchi portano a salvamento i fuggitivi verso Antiochia. Il luogo di questa vittoria conserva anco a' dì nostri il suo antico nome, chiamandolo gli Arabi nel loro idioma: Gèssr-il-Haddir, che appo noi vale Ponte del Ferro.
Quattro ore di cammino distava l'esercito cristiano da Antiochia: "Procediamo con prudenza e buon ordine", raccomandava Ademaro, "ieri combattemmo fino a sera, siamo stanchi e i nostri cavalli sono dalla fatica spossati".
Tratto da:
"Storia delle crociate" scritta da Giuseppe Francesco Michaud, Volume 1, Firenze 1842